16/09/11

Legami "Mente e Fisico"


Per quanto esistano prove che il DNA controlli in larga misura la biochimica cellulare, non è comunque evidente, dimostrabile, che tutti i processi organici siano riconducibili primariamente ad eventi biochimici. Se è vera, ad esempio, a livello di particelle elementari, l’attività modulante dei bosoni, a livello cellulare sarebbe davvero improponibile ridurre la vita ad una struttura spiraliforme che, per quanto ricca ed antica come quella del DNA, potrebbe quasi considerarsi un epifenomeno minuscolo, rispetto a quello che è l’intreccio complesso e vasto dei segnali vitali.
L'inadeguatezza della teoria genetica in auge è particolarmente evidente nei fenomeni embriogenetici. "In embrioni umani la divisione, caratteristica della specie, continua anche se il DNA è asportato chirurgicamente, o inattivato chimicamente." (J. Wells, 1980) E comunque la sequenza delle differenziazioni cellulari, che richiede DNA, non verrebbe ad essere spiegata: poiché tutte le cellule dell'organismo contengono geni identici, i loro differenti destini dovrebbero essere  determinati da qualche altro fattore.
Questo fattore non è neppure il citoplasma, il quale infatti, pur centrifugato prima della divisione segmentaria iniziale, non interrompe il suo normale sviluppo.
Molti ricercatori parlano perciò di una qualche sorta di "controllo corticale" in grado di influenzare morfogenesi, regolazione genica e differenziazione cellulare. Raven ('58) e Curtis ('60,'63) ad esempio, avevano osservato, dopo aver centrifugato il citoplasma di una cellula embrionale, il suo riorganizzarsi spontaneo in rapporto a segnali che sembravano provenire dalla membrana cellulare. Teoricamente questo segnale esterno, questo "qualcosa", potrebbe essere uno specifico campo biologico, analogo (ma non identico) a quello elettromagnetico, un qualcosa che moduli l'attività dei geni, organizzi gli spazi intercellulari, e controlli o influenzi la morfogenesi.
D'altronde non possono provenire dal DNA quei comandi misteriosi che trascinano i centromeri nella migrazione polare del fuso mitotico. I microtubuli poi, che vanno a formare il fuso, sono anch’essi indipendenti dal DNA, e sembrano accrescersi con materiali esterni al corpo, ex-novo! ("Biologia molecolare della cellula" Scientific American Books, 1986, pag. 780) Sappiamo ancora che la cellula demolisce queste strutture cromosomiche nel corso dell'intercinesi (nel periodo cioè tra la prima e la seconda meiosi). Chi allora, si chiede J. Sharon, assicura la necessaria continuità individuale alla cellula? Se i cromosomi ridotti in briciole, sono in grado di ricostruire nuovamente al momento della duplicazione le strutture cromosomiche, deve esistere nella semplice cromatina una sostanza "più cosciente" dei cromosomi stessi. Se un ordinatore può essere smontato e poi successivamente ricostruito…è necessario l'intervento di "qualcuno" per riunire questi pezzi in un ordine preciso…" (J. Sharon "Lo spirito, questo sconosciuto" Ed. Armenia, 1979, pag. 107).
 L'identità di questo "qualcuno" sembra, da quanto detto, spaziare oltre i limiti della biochimica, coinvolgendo il campo più ampio e sottile della biofisica.
 E c'è stato infatti un filone di ricerca, molto scomodo per i paradigmi rigidi dell'occidente, e che ha ormai almeno 80 anni, che ha tentato di comprendere la valenza dell'"insieme", dei campi magnetici, delle radiazioni ultradeboli, e ha tentato con successo la verifica sperimentale. Già negli anni venti un istologo russo, A. Gurvith, scopriva "radiazioni mitogenetiche" sulla banda dell'ultravioletto e sosteneva che erano parte di un campo ben organizzato che esisteva dietro ogni fenomeno vitale. Nel 1948 G. Stromberg, nel suo libro "The soul and the universe" cita i lavori di Gurvith e quelli di H. Driesh, H. Spermann, P. Weiss, e De Beer. Stromberg postula anch'egli una specie di campo elettromagnetico autonomo che organizza l'organismo vivente. Nel 1967, a dispetto dello scherno occidentale, V. Kaznacheyev, S. Shshurin e L. Mikhailova, riproducono con successo l'esperimento di Gurvith. Nel 1972 B. Tornsor è in grado di detettare deboli segnali luminosi dalle piante e da cellule singole. Scopre soprattutto che questi non sono fenomeni casuali ma che esiste una correlazione tra queste deboli forme vibratorie di natura elettromagnetica e le condizioni patologiche delle piante.
Altrettanto interessante era il fatto che questi segnali evidenziavano una condizione patologica molto prima che la pianta stessa desse segni visibili della patologia. Ma già due anni prima S. Ostrander e L. Schroeder avevano pubblicato il consuntivo di alcuni scienziati del centro spaziale sovietico del Kazakistan: questi segnali elettromagnetici non sono fenomeni casuali, quanto piuttosto manifestazioni di un organismo completo, unito.
Le ipotesi formulate dai fisici trovano dunque altri riscontri in biofisica. Come nel microcosmo delle particelle infinitesimali sono i bosoni a modulare i fermioni, così a livello umano l’aspetto che si evidenzia è quello di un "corpo di energia", di un "corpo endoplasmico", che agisce come un'entità unica e come un'unità questo corpo di energia emana i suoi campi elettromagnetici e costituisce la base dei campi biologici….Esiste un rapporto stretto tra il corpo fisico e il corpo di energia (tra materia atomico-molecolare e stato plasmico dei viventi). 
("Psychic discoveries behind the iron curtain" Ostrander, Schroeder, N. Y. Prentice Hall,1970, pag. 213, 214).
 Il 1972 , stavolta in America, vedeva anche la pubblicazione di un testo che sembrava parallelo, nei risultati, ai lavori degli scienziati russi: "The fields of life" del prof. Harold Saxton Burr avrebbe meritato ben altra risonanza, ma forse i tempi (e …le forze del capitale) non erano ancora maturi. La sua "teoria elettrodinamica della vita", frutto di 30 anni di esperimenti e di misurazioni dei campi biologici con un sensibilissimo voltometro a vuoto, identificava una matrice elettromagnetica che dirigeva i fenomeni vitali. Anche Burr scopriva che lo stato di salute poteva essere determinato diverso tempo prima, attraverso lo studio di questi campi. Anni più tardi R. O. Becker (Syracuse) e D. H. Wilson davano conferma dei dati del prof. Burr. Il dott. Ravitz, che collaborò con Burr, sostenne che la mente era in grado di influenzare il voltaggio di questi campi, e che questa matrice elettromagnetica poteva essere il legame tra il fisico e il mentale.
A cura di:
Christian Casella

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